martedì 25 ottobre 2011

Il Direttorio, Bonaparte e l'Italia

La bandiera della
repubblica Cispadania
Nei primi mesi del 1796, il Direttorio francese decide di avviare una campagna militare su vasta scala, che vede coinvolta anche il  nostro territorio. In Italia si deciderà, però, dio dare meno importanza alla spedizione e di assegnare il comando a un giovane generale: Napoleone Bonaparte. Egli guiderà l'Armata d'Italia, una compagnia che non vanta di un ottimo equipaggiamento ne tantomeno di una buona organizzazione. Ciò nonostante, Napoleone riuscì ad ottenere numerose vittorie a scapito del Regno di Sardegna, che costringeranno il re Vittorio Amedeo III a firmare un armistizio il 28 aprile dello stesso anno, che si tramuterà, il 15 di maggio, nella pace di Parigi, in cui vengono cedute alla Francia i territori della Nizza e della Savoia. Lo stesso giorno, l'Armata d'Italia entra a Milano. Il 20 di maggio vengono siglati accordi con il Ducato di Modena e Piacenza e con il Ducato di Parma. A cavallo tra maggio e giugno le truppe napoleoniche invadono la Repubblica di Venezia e, contemporaneamente, lo stato Pontificio. Durante l'estate si susseguiranno vittorie ed avanzate, che porteranno all'assunzione del controllo sul Ducato di Modena e Reggio. Il 16 ottobre, per volontà dello stesso generale Bonaparte, a Modena si riunisce il Congresso dei rappresentanti delle città di Bologna, Ferrara, Reggio e la stessa Modena, che deliberano la costituzione di una lega militare. Il congresso di riunirà nuovamente il 27 dicembre dove, nel giro di 3 giorni, viene proclamata la nascita della repubblica Cispadana. Sempre durante uno di questi congressi, il 7 gennaio, verrà decretata la bandiera della repubblica, che comparirà con tre strisce orizzontali (e non verticali come ora) con i colori del bianco, rosso e verde. Il passo successivo è la costituzione. Mentre si lavorava sul progetto costituzionale, però, la repubblica Cispadana verrà divisa. Da una parte Reggio, Modena e Carrara verranno unite alla Lombardia, generando la repubblica Cisalpina, dall'altra i restanti territori della repubblica Cispadana verranno annessi alla Romagna.
Nel giugno del 1797 si verrà a creare la repubblica Ligure, lì dove sorgeva la vecchia repubblica di Genova. Intanto il pontificio cerca, senza risultati, di riapropriarsi dei territori persi, ma la disfatta costringerà a firmare la Pace di Tolentino (19 febbraio 1797). L'esercito francese, intanto, sferra l'offensiva decisiva verso la repubblica di Venezia, giungendo sino a Leoben, invadendo il suolo austriaco e costringendo la casata degli Asburgo a chiedere la resa, con il trattato di Campoformio (17 ottobre). Nel trattato si divide la ormai ex repubblica veneziana assegnando la parte orientale agli austriaci e la parte occidentale sarà aggregata  alla repubblica Cisalpina.
Il 28 dicembre del 1797, a Roma, viene ucciso un generale francese, offrendo al direttorio il casus belli per poter cominciare la guerra con lo stato Pontificio. Guerra che non tarderà ad arrivare, appena un mese dopo, il 10 febbraio, i francesi occupano Roma. I patrioti si affrettano per costituire una repubblica Romana che i francesi riconosceranno il 15 febbraio. Il papa cercò rifugio nel Granducato di Toscana. Il 23 novembre, vista l'occasione, il regno di Napoli decide di attaccare la neo nata repubblica, giungendo fino a Roma. Il 12 dicembre i francesi vanno al contrattacco che li vedrà vittoriosi. Non accontentandosi della vittoria su Roma, i francesi inseguono le truppe borboniche, che sono in ritirata, giungendo fino a Napoli, dove Ferdinando IV sarà costretto a rifugiarsi in Sicilia, protetto anche dalla flotta inglese dell'ammiraglio Nelson. Il 23 gennaio, in modo omologo a quella romana, viene proclamata la repubblica napoletana.
Situazione politica italiana del 1799
Contemporaneamente si apre anche il fronte nel Piemonte, che venne ceduto alla Francia l'8 dicembre del 1798. Tra febbraio e marzio del 1799 vennero occupate la repubblica di Lucca e il Granducato di Toscana. In questo momento la Francia detiene la massima espansione sul territorio Italiano, suddiviso in 5 repubbliche formalmente autonome (Cisalpina, Ligure, Lucca, Romana e Napoletana), un ducato formalmente autonomo (Parma) e le due regioni direttamente controllate dai francesi (Piemonte e Toscana). La Sardegna resterà in mano ai Savoia mentre la Sicilia in mano ai Borbone.

lunedì 24 ottobre 2011

Autosabotarsi

Ieri sera guardavo In onda, il programma che Luca Telese e Michele Porro conducono quasi egregiamente su La7, in cui assistevo ad un confronto tra un vecchio uomo di sinistra e un giovane che vorrebbe superare la vecchia classe dirigente e creare un nuovo movimento di sinistra. I due politici, entrambi molto noti, sono Cofferati e Renzi, il primo ha un corriculum vitea che vanta di posizioni di spicco ed è attualmente europarlamentare; il secondo è un giovane di una nuova generazione politica che è stato prima presidente della provincia di Firenze per poi passare a gestire il capoluogo toscano. Durante la trasmissione ho assistito ad un siparietto davvero comico in cui i due, che ricordiamo, per onor di cronaca, fanno parte dello stesso partito, il PD per capirci, si vedono lontani in troppi, se non tutti, punti di vista. Cofferati ha una posizione molto radicata, molto vicina al sindacato e con ideologie che, onestamente, appartengono ad una politica che non appartiene più ad oggi. Cofferati non capisce che il pugno duro con gli industriale non serve a nulla: dopo la caduta del muro e l'avvento della globalizzazione il mercato dell'industria si è delocalizzato, puntando li dove lo sfruttamento fa da padrona e utilizzare l'ostilità con cui si pone la linea di Cofferati non fa altro che favorire l'uscita delle aziende dal territorio, lasciando sulla strada sempre più lavoratori (Fiat per fare un nome, ma molte altre aziende sono su questo stesso piano).  Renzi, invece, ascoltandolo e non conoscendolo, sembrerebbe un politico più di destra che di sinistra. Il sindaco di Firenze ha posizioni impensabili per uomini della sinistra, appoggiando Marchionne e la TAV. Inoltre ha degli atteggiamenti che, sempre per gli occhi di un esterno, sembrerebbero completamente fuori dagli schemi di quella sinistra che presenta crepature ovunque.
Eppure Renzi è un uomo che ha capito pienamente cosa dovrebbe fare la sinistra oggi. Forse alcune uscite le potrebbe evitare, ma il giovane sindaco ha capito perfettamente che un opera come la TAV, gestita come si deve, creerebbe migliaia di posti di lavoro, generando un rialzo dell'economia e dell'occupazione. Appoggiando Marchionne, Renzi, vuole evitare che la Fiat vadi via dal paese. Magari non appoggia pienamente le posizione di chi vuole la TAV o del padrone della Fiat ma ha perfettamente capito che oggigiorno, purtroppo, non serve più a nulla scioperare o manifestare, si rende conto che il lavoro deve restare nel nostro paese e dare spazio a quei giovani che oggi sono laureai e non hanno lavoro. Non me ne vogliate, non voglio dire che chi manifesta in Val Susa (e non Val di Susa come sento ogni giorno nei tg) siano stupidi, perchè loro tutelano il loro territorio. La TAV è un progetto molto interessante ma, come capito spesso, si fanno i conti senza tener conto della gente, sembra di essere tornati al Congresso di Vienna del 1815, quando i territori furono divisi sulla carta, senza tener conto delle popolazioni. Bene, qui siamo tornati a quei tempi, dove si prende una cartina e si uniscono i punti tra Lione e Torino, come nei giochini della Settimana enigmistica. Se si fosse tenuto conto della gente e del territorio (si anche la natura ha la sua voce in capitolo, l'uomo non può cementificare tutto) , probabilmente il progetto sarebbe già bello e pronto e, magari, i cittadini dell'attuale Val Susa sarebbero i primi ad acclamarla. Stesso discorso, però, non si potrebbe fare con Fiat, per motivi gli ho già spiegati precedentemente. Quando parliamo della Fiat dobbiamo tener conto ai numeri che l'azienda ha, dobbiamo tener conto dei lavoratori e di quanti rischierebbero il posto in caso Fiat, come sta già facendo, decidesse di lasciare il paese. Qui però parliamo di un azienda che ha ricevuto finanziamenti molto grandi da parte dello Stato e che quindi, in quanto creditore, può e deve mostrare i denti e saper far valere le sue ragioni.
Divisioni all'interno del PD al punto da
vedere due Leader della coalizione
Ma torniamo ai nostri due politici, Renzi e Cofferati, e dei loro discorsi, anzi, vorrei suffermarmi sul tipo di linguaggio. I due, come fa notare ad un certo punto Telese, si danno del lei. Soprendente, stiamo parlando di due esponenti della sinistra, dello stesso partito, che dovrebbero conoscersi in quanto persone che ricoprono cariche importanti ma che, su confessione dello stesso Renzi, non si sono mai conosciuti. Ma di che cosa stiamo parlando? Fermiamoci un secondo, c'è qualcosa che non va. Come è possibile che esponenti di alto rilievo dello stesso partito non si siano mai conosciuti? Come sia possibile che la sinistra, tanto democratica e tanto aperta a dei tavoli comuni, abbia persone al suo interno che vivono in due mondi diversi? Ci rendiamo conto che l'attuale PD, come venerdi scorso Crozza ha ricordato, parodicamente, nel suo programma, sia divisa in almeno 6-7 correnti completamente diverse? Possibile che all'interno dello stesso partito ci siano idee completamente opposte tra loro? Come si fa a votare un partito in cui si crea una differenza netta e, addirittura, generazionale anche all'interno della stessa corrente? Basti pensare a due grandi protagonisti del PD, Dario Franceschini, attualmente capogruppo alla Camera del suo partito e Ignazio Marino. Entrambi sono catalogati all'interno della corrente di franceschini ma basterebbe ascoltare Marino per rendersi conto che sono due mondi diversi. Forse la soluzione migliore sarebbe fare un vero tavolo comune, dove il PD (ma non solo) ascoltasse i propri amministratori locali, per rendersi conto di cosa voglia la gente e di come la politica, come concepita da chi sta ai vertici, non è più capace di dar voce ai propri elettori.

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sabato 22 ottobre 2011

Il perimetro romano

Una settimana fa a Roma sono avvenuti gli scontri che hanno riempito la scena dell'opinione pubblica di questi giorni. Le reazioni del sindaco Alemanno è stata molto dura, quella di bloccare i cortei per un intero mese. Ma io voglio tornare a parlare di quel giorno, di quel 15 ottobre, in cui ci sono alcuni punti che non si affrontano da moltissimi programmi di informazione. Io voglio tornare sulla questione dovuta al fatto che la polizia ha agito nel peggior modo possibile (escludendo quella di provocare vittime). Cosa è successo vorrei spiegarvelo con un analisi da un punto diverso da quella con cui si è analizzato, ovvero da un occhio che vede il corteo dall'interno, vivendo tra la gente e sentendo l'indignazione e la protesta dei manifestanti non solo nei confronti dei poteri ma anche rivolto ai black block ancor prima che avvenissero i disordini.
Il corteo è partito in modo pacifico, si sa, quello che non si è detto è che i poliziotti in Via Cavour, luogo dove il corteo è sfilato inizialmente, non erano presenti. Non erano presenti perchè tutte le forze erano concentrate a presidiare il perimetro della "zona rossa". Che cos'è la zona rossa? Rispondo velocemente dicendo che è un perimetro, ovviamente immaginario, cui al suo interno risiedono i palazzi del potere. La polizia, dunque, non copriva i cittadini, non proteggeva le dimore dei romani, erano a presidiare quei pochi che sono protagonisti della scena politica. Voglio portare a notare una citazione, dai cui fonte è nota a tutti, ovvero Wikipedia:
<<Roma  un comune speciale italiano di 2.770.822 abitanti, capoluogo della provincia di Roma, della regione Lazio e capitale della Repubblica Italiana.  È il comune più popoloso e più esteso d'Italia ed è tra le maggiori capitali europee per grandezza del territorio; per antonomasia, è definita l'Urbe e la Città eterna.>>

Ok, ora voglio analizzare due numeri, il primo è quello riguardante il numero di abitanti, che è di 2.770.822 (due milioni settecentosettanta mila e ottocentoventidue) abitanti, forse neanche chi vive a Roma si rende conto di quanto siano, ma sicuramente chi gestisce l'ordine pubblico deve tener conto anche a questo fattore. Il secondo dato che voglio mettere in questa discussione è quello del numero delle persone presenti nella "zona rossa". Il numero di queste persone è composto per lo più da 630 Deputati e da 315 Senatori per un totale di 945 onorevoli, a cui si aggiungono un numero pari, se non leggermente superiore tra ministri, viceministri, commissari, portaborse e altro personale. Ora, conti alla mano, forse ci si rende conto che il numero dei protetti all'interno della "zona rossa" è leggermente inferiore al numero della popolazione romana. Nonostante ciò, tutto il contingente delle forze dell'ordine era concentrato in quel perimetro, ignorando completamente i disordini che accadevano fuori dal campo di vista della zona.
Possibile che si ignori completamente la popolazione per salvare quei pochi che si rifugiano dentro questi palazzi dei poteri? Possibile che Via Cavour vada a fuoco e i poliziotti, che non possono non aver visto il fumo che sale, non si possano muovere delle loro posizioni per andare in soccorso? Possibile che i black block siano stati individuati molto prima dell'inizio dei disordini e che nessuno era li per prevenire quello che è accaduto? Possibile che alcuni ragazzi, pacificamente con le braccia alzata, segno in tutto il modo di resa, siano stati colpiti dai poliziotti? Che cosa sta accadendo nella testa dei poliziotti, ovviamente senza generalizzare, che reagiscono ad ogni tipo di contestazione attraverso la violenza? Tra qualche giorno ci sarà un'altra manifestazione il Val Susa per contestare la creazione di quel maxi-progetto, assolutamente contestabile, che è la TAV. I black block hanno già annunciato che saranno presenti e che creeranno disordini così come si sono creati a Roma. La polizia verrà messa nuovamente alla prova, questa volta la violenza potrebbe essere addirittura superiore a quella di sabato corso e i valsusini non saranno, prevedo, così lontani come gli indignatos che hanno sfilato nella capitale. Già in passato ci sono stati episodi di violenza e il clima che si sta generando è sempre più teso.

giovedì 20 ottobre 2011

Quando comincia il Risorgimento

Sulla data della nascita del Risorgimento si è generato un dibattito che ha dato vita a tre date possibili. La prima, con riferimento alla metà del '700, con l'elaborazione intellettuale settecentesca e l'esperienza del dispotismo illuminato, legato soprattutto alle sue componenti, monarchiche e moderate.
La seconda, individuando l'inizio del periodo risorgimentale con l'arrivo nel nostro paese dell'Armata D'Italia, guidata da Napoleone, nel 1796, e lo sconvolgimento politico-istituzionale che ne conseguì. Infine, come ultima data, il 1800 come l'anno in cui Bonaparte riorganizza le istituzioni, prima in veste di console e poi in quelle di imperatore. Quest'ultima tesi, però, è meno frequente delle precedenti due. Per essere più precisi, occorre suffermarsi sul periodo del Triennio repubblicano (1796-1799) dove si cominciò a parlare di Risorgimento della nazione; si stipularono veri e propri progetti di costruzione di uno stato unitario; fu in questo periodo che le masse cominciarono a muoversi in questo verso.

Che cosa vuol dire Risorgimento

Ok, seconda piccola introduzione,  bisogna suffermarsi un secondo sul significato di Risorgimento e da dove derivi. Nei dizionari italiani, la parola Risorgimento, assume il significato di resurrezione. La parola assumerà un ruolo di slogan per i nazional-patriottici, che la utilizzeranno per promuovere vere e proprie campagne, per poi arrivare nell'800 dove la parola verrà utilizzata nel lessico propagandistico, alludendo ad una vera e propria resurrezione della patria.
 L'uso del termine, in realtà, risale intorno alla metà del 1700, quando il termine compare su riviste, come Il cafe dei fratelli Verri o, in altri casi, viene utilizzato da autori, come Bettinelli e Galdi (quest'ultimo sul finire dell'800), auspicando ad un <<risorgimento della cultura italiana dopo il XII secolo>>. Vittorio Alfieri parla dell'Italia e si rivolge come in un discorso diretto ad essa sperando che <<un giorno (quando ch'ei sia) indubitabilmente sei per risorgere, virtuosa, magnanima, libera, ed Una>>. Durante il periodo napoleonico, i riferimenti all'unità nazionale, crescono in modo esponenziale. Mazzini, negli scritti sucessivi alla fondazione della Giovine Italia (1831), assegnò il compito di realizzare <<il Risorgimento italiano>>. Tanto stette a cuore la parola rinascimento agli italiani che lo slogan, negli anni '30 e '40 del milleottocento, entra nel lessico politico. Nel decennio del 1880, la parola entra ufficialmente nel lessico storiografico attraverso Tivaroni e il più noto Carducci. Nel 1907 viene costituita la Società Nazionale per la Storia del Risorgimento.

lunedì 17 ottobre 2011

Virginia Woolf - Una stanza tutta per sé

Una stanza tutta per sé, che cosa mai sarà? A cosa mai servirà? Virginia Woolf ci da una soluzione ai nostri quesiti. Il saggio parla di un tema molto caro all'autrice inglese, quella della donna. Virginia cerca di spiegare il ruolo della donna e il suo rapporto con il romanzo. Tutto quello che è scritto parte dai due incontri che la scrittrice effettua all'università di Cambridge nel 1928. Il libro si articola in vari episodi che portano dei temi diversi: la donna nel romanzo, la donna autrice del romanzo, la donna nella storia della società, la donna per il romanzo. Vari punti di vista che la donna assume rispetto alla letteratura. Woolf effettua un analisi sul perchè la donna sia poco presente nel ruolo di romanziere e cerca di dare una spiegazione che argomentare nei vari capitoli/episodi del libro. La frase portante del saggio è quella che ricompare molto spesso sfogliando le pagine del libro, quella in cui si fa chiaramente richiesta di "una stanza tutta per sé" in cui le donne potessero concentrarsi e in cui avessero potuto scrivere in tranquillità, senza la paura di essere scoperta degli uomini o dalla madre, che l'avrebbero richiamata a seguire gli schemi a cui la donna era designata. L'altra frase, che completa la voce precedente, è quella in cui si affianca a "una stanza tutta per sé" le "500 sterline al mese". Qui si fa denuncia di un altro gran disagio, quello di una mancata indipendenza economica. Le donne, fino a pochi decenni fa, erano strettamente dipendenti  dal sesso maschile, che impedivano loro di spuntare nel mondo. La donna era rinchiusa dentro le mura di casa e la sua vita si limitava a quella di cucinare, accudire i bambini ed andare al mercato. Solo con la rivoluzione industriale si è cominciato ad assumere la donna in grande industrie, ovviamente sottopagandola e sfruttandola. Quelle 500 sterline sono fondamentali, per la Woolf, per creare una indipendenza non solo economica ma anche intellettuale. Essendo autonoma, essa poteva esprimere altri temi, poteva esprimere concetti con voce diversa e non avrebbe temuto ripercussioni. La libertà intellettuale è un qualcosa a cui Virginia Woolf fa molte volte riferimento. Tutto questo tema va inserito dentro quel grande filo portante che è la differenza dei ruoli da parte dei due sessi e la diseguaglianza che c'era a quel tempo (e che credo ci sia tutt'ora). L'autrice ricorre ad un esempio pratico, in cui parla di una ipotetica sorella di Shakespeare di egual intelletto e più volenterosa e meno vivace del fratello. Ella poteva essere brava e volenterosa ma all'interno della sua famiglia non avrebbe avuto opportunità e, costretta a scappare per rincorrere la sua passione, non avrà più fortuna e alla fine sarà costretta a tornare negli schemi per lei designati. Il saggio porta una grandissima riflessione che  evidenzia come la donna sia considerata inferiore degli uomini, denunciando questo sessismo nell'arco dei vari secoli. Il saggio, al suo interno, presenta anche una leggera vena poetica, che va a spiazzare il lettore che non si aspetta frasi poetiche al suo interno.
Con la frase " Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini, o vivessero come gli uomini, o assumessero l’aspetto degli uomini; poiché se due sessi non bastano, considerando la vastità e la varietà del mondo, come ci potremmo arrangiare con uno solo? Forse l’educazione non dovrebbe sottolineare ed accentuare le differenze, invece delle somiglianze?" l'autrice vuole calcare il fatto che i due sessi debbano rimanere distinti nel loro modo di vivere, nella loro mentalità e nella loro espressione. Ella non chiede l'uguaglianza mentale, bensì la parità dei diritti, fondamentali per far si che la cultura si posso ampliare con opere di autrici del gentil sesso. Il saggio offre molti spunti di riflessione, non compare mai troppo estremo, ne a favore delle donne ne troppo critico verso gli uomini, è un ragionamento su cui Virginia Woolf vuol fare muovere il lettore e su cui ci si può facilmente orientare. Il libro non offre una velocità di racconto, ma questo non esclude il fatto che il libro ti possa trasportare attraverso i suoi temi. 

domenica 16 ottobre 2011

Obbiettori di coscienza

Roma, il giorno dopo. Quello che è successo ieri a Roma è qualcosa di incredibile. Ormai tutti hanno visto le immagini di tutto quello che è avvenuto ieri nelle vie della capitale, degli scontri e delle devastazioni. La violenza da parte dei black block viene subito condannata da parte di tutti gli schieramenti politici, tutti a dire che la violenza è una cosa che non si accetta. L'opposizione, giustamente, punta il dito anche contro le forze dell'ordine. E si, la polizia, forse molti pensano che svolgano il loro lavoro e altri ancora pensano che sia giusto darne di santa ragione ai manifestanti. Potrebbe anche essere, ma bisogna ricordarsi che la polizia sono dette anche forze dell'ordine, e come tali dovrebbero, come minimo, evitare di dare cattivi esempi.
La polizia ha svolto un compito difficilissimo ieri, quello di evitare il peggio durante la manifestazione, e diciamo che ci sono riusciti, ma non tutti hanno svolto il loro compito. Ci sono molti video in cui i poliziotti, e non è la prima volta, prendono a manganellate una persona che ha le braccia alzate, segno di resa, o infieriscono in modo barbaro su persone che sono già a terra e magari anche incoscienti.
Quello che si sta venendo a creare, da anni, è una doppia faccia della stessa moneta. Da una parte i poliziotti che fanno il loro mestiere seguendo il codice d'onore e  rispettando il loro compito, dall'altra agenti che si fanno prendere dalla foga e cominciano ad utilizzare impropriamente la violenza, credendo che in questo modo si plachi l'ira del popolo. Gli incidenti tra polizia e manifestanti sono sempre stati presenti da anni, il clima che c'è nelle piazze è molto teso, si respira un aria che sembra quella che potrebbe portare ad una guerra civile. Ma mentre da una parte non si può che storcere il muso e pensare che tutto questo sia una degenerazione di un corteo di pacifici manifestanti, dall'altra si può provare ad abbozzare un sorriso vedendo gli stessi manifestanti andare a bloccare il black block e a far si che il corteo rimanga pacifico. E' bello vedere un corteo che vuole a tutti i costi restare pacifico, quello dei black block è stata un'azione controproducente. I loro obbiettivi, si sono viste dalle immagini, sono state le banche, prese d'assalto e danneggiate in tutti i modi possibili. Ma le banche non sono state l uniche, le macchine di civili e alcune botteghe, di cui i proprietari magari erano scesi a manifestare, sono state date alle fiamme, senza fine e senza scopo. Ad andare in fiamme anche una camionetta della polizia, presa d'assalto dai black block, fortunatamente gli agenti sono riusciti a scappare dal veicolo. Su di esso, mentre prendeva fuoco, è comparsa la scritta "Carlo vive", in riferimento al giovane ucciso dieci anni f a Genova durante il G8.
Ovviamente si è venuto a creare anche la polemica da parte dei politici che cominciano ad etichettare il corteo come composto completamente da teppisti e accusano giornalisti di utilizzare termini inappropriati quando definiscono la maggior parte del corteo come pacifico. Fortunatamente ci sono ancora giornalisti seri, all'interno della Rai, che hanno il coraggio di denunciare questo fatto.
Infine si è alzata anche la voce di Maroni, che parla in controcorrente rispetto a tutta la maggioranza e, con senso di responsabilità, parla di situazione critica e che ieri poteva scapparci il morto. Fortunatamente non è stato così. La parole del ministro dell'interno, però, erano già state pronunciate tempo fa dal leader dell'IDV Antonio Di Pietro, che si riferiva alla possibilità che ci potesse scappare un morto in riferimento alle varie proteste e del clima che nel paese sta diventando sempre più caldo.
La situazione è tragica, la gente impedisce anche di fare i servizi ai giornalisti, c'è una tesissima tensione nelle piazze. Vedere la foto di Roma, il giorno dopo gli scontri, rende l'idea di quello che è stato ieri e sul filo sul quale noi italiani stiamo camminando.

giovedì 13 ottobre 2011

Che cos'è il Risorgimento?

Ma prima di cominciare tre piccole premesse che pubblicherò a puntate. Il primo tema importante che vado a spiegare è:
Che cos'è il Risorgimento?
Nel 1861 si formò il regno d'Italia, dopo secoli di frammentazione statale la penisola è, finalmente, riunita sotto un unico stato. L'unità verrà completata negli anni successivi con l'annessione del Veneto (1886) e del Lazio (1870). Il tema dell'unificazione fu per secoli al centro di discussioni fino ad arrivare all'inizio dell'800 dove il discorso arrivò al suo apice.
Seppur in passato si era più volte evocato l'unità, con la Rivoluzione francese, gli italiani troveranno un nuovo spunto e, sulle parole di Rousseau, si trovano impersonificati in una sola nazione di individui legati tra loro da tratti comuni e dalla libertà di esprimersi politicamente all'interno di uno stato creato dagli italiani per gli italiani.
L'obbiettivo verrà raggiunto, ma le difficoltà per ottenerla saranno molteplici. Il concetto di nazione sembrava trovare pochi elementi di concretezza nel nostro caso, come in Francia, Gran Bretagna e Germania. Il legame, o collante se vogliamo, che ci potrebbe permettere di parlare di unità nazionale risiede nella letteratura e sulla tradizione della nostra cultura. Assieme ad essa troviamo anche la confessione religiosa. Osservando meglio questi due aspetti, però, ci si rende conto che nel caso della religione abbiamo la creazione di una comunità sovranazionale. Per quanto riguarda la letteratura, essa era destinata solo ad una elitè molto ristretta. Infatti, in Italia, nel momento della sua unificazione, soltanto il 22% della popolazione era capace di leggere e scrivere. I più utilizzavano il dialetto per comunicare, diverso a seconda della zona. Da questo punto di vista, gli elementi di coesione nazionale sono assai tenui. Economicamente parlando, non risultano esserci maggiori prospettive. Il prodotto  italiano era, per la maggior parte, destinato ai mercati esteri, non favorendo alcun mercato nazionale a cui la borghesia italiana possa aspirare. Il movimento nazionale, dunque, opera avendo diversi ostacoli, di natura sociale, culturale o politica. Tuttavia, nonostante l'inizio del XIX secolo faccia pensare diversamente, l'Italia riuscirà a concepire il suo obbiettivo di unità.

Il Risorgimento italiano

Ok, so di essere stato assente per un pò di giorni, chiedo scusa ma l'università mi ruba molto tempo, per farmi perdonare della mia assenza ho deciso di cominciare un percorso con voi, in cui vorrei provare ad unire i miei studi con il blog. Il mio intento è quello di ricostruire il Risorgimento italiano attraverso l'utilizzo di un manuale di supporto: "Il Risorgimento italiano" di Alberto Mario Banti. Il manuale in questione è un ottimo punto di riferimento per chi vuole affrontare questo tipo di argomento; la praticità e la facilità con cui viene spiegato tutto il periodo è davvero notevole.
Bene, detto questo vorrei parlarvi del percorso a cui andremo incontro. Nel mio studio cercherò di effettuare una mia elaborazione dei vari paragrafi del libro, riscritti completamente ed evitando di effettuare una semplice trascrizione di ciò che è scritto nel libro. Spero non annoiarvi troppo e di essere il più chiaro possibile, in caso contrario contattatemi tranquillamente.

lunedì 10 ottobre 2011

Il Quinto Stato

Che cosa sta accadendo in Italia in questi ultimi giorni? Forse niente di significativo, forse niente che abbia un fine. I giornali di questi giorni si stanno concentrando su argomenti secondari, a cui dedicare intere pagine, che in altri tempi non avrebbero ottenuto. Invece sono accaduti degli eventi importanti, i telegiornali hanno sorvolato e i giornali hanno prediletto altro.  Prima di proseguire mi pare d'obbligo spiegarvi perchè ho scelto questo inizio. Io ogni giorno seguo vari dibattiti (per lo più su La7 o video da internet) e in questi giorni mi è capitato molto spesso di sentire risposte dei giornalisti, verso politici della maggioranza, che l'affrontare questioni secondarie è dovuto anche al fatto che in questi giorni non ci sono notizie rilevanti. Le notizie rilevanti invece ci sono state, in particolare, vorrei sapere come mai non si è parlato della protesta studentesca del 7 ottobre. Non un approfondimento, qualche citazione nei talk show e qualche minuto nei telegiornali. Perchè questa rivolta è passata così inosservata? Perche questa protesta, che si rinnova, ormai, annualmente, viene sempre ignorata e dopo pochi giorni sembra come se non fosse mai accaduto nulla? Perche si continua a discutere dell'ipotetico condono che il governo non attuerà mai? Perchè si parla di tutt'altro? Qui si torna ad un tema molto importante, non il tema in cui si parla di qualcosa per evitare di discutere di argomenti più seri, ma il tema che quello della scuola, essendo una protesta con cadenza periodica, perde di importanza a livello di notizia. E' una regola giornalistica, una legge statistica, un evento più probabile fa meno notizia rispetto ad uno prevedibile e/o abituale. Quello degli studenti non fa più notizia, la protesta degli operai non fa più notizia, il lavoro in condizioni pessime non fa più notizia. La notizia sono le sgualdrine di Arcore o Steve Jobs che viene osannato come un Dio. Piccola parentesi, Steve Jobs era un dittatore aziendale, un uomo che sfruttava i lavoratori con orari di lavoro mostruosi (per maggior approfondimenti consiglio I pirati della Silicon Valley). Le notizie hanno perso valore in se per se, ormai si punta alla scena, si punta a colpire l'ascoltatore e il lettore, la discussione politica è diventa una vera e propria buffonata. Gente che accusa l'altra fazione di avere un indagato nel gruppo, chi attacca il PDL su Milanese e chi, come un registratore, per rispondere parla di Penati. La discussione poi diventa un battibecco, monotono ormai, in cui si perde il discorso e si parla d'altro.
Il Quinto Stato
Perchè questi Talk Show invece di invitare gente come la Santanchè, per citarne una, che urlano ed impediscono una discussione seria, non invitano su una poltrona un lavoratore? Perchè invece di uno Sgarbi, che sa soltanto insultare e credersi di essere chissà chi quando davanti a lui ha persone che sono almeno tre volte meglio di lui, non invitano un ragazzo universitario, ma anche liceale, per discutere del futuro, dell'attualità secondo il loro punto di vista? Perchè bisogna prendere le informazioni dai soliti quattro politicanti che si siedono sulla loro poltrona e dicono sempre le stesse cose? Io vorrei che si parlasse di argomenti seri, per me non è un argomento serio parlare di prostitute o parlare di condoni, questi sono insulti per chi non ha lavoro o per chi non ha futuro. L'Italia è un paese in decadenza, abbiamo pochissime speranze di futuro, qui andiamo incontro ad uno stallo politico, economico e sociale. Siamo al baratro, i governi di questi anni, destra e sinistra, hanno razziato la scuola, la sanità, il lavoro e l'economia del paese, hanno distrutto tutto ciò che c'era. Anni fa questo paese era la culla della cultura, della medicina, del  lavoro, noi eravamo l'America, quella che si sogna e che i nostri nonni speravano di vedere. Il miracolo italiano c'è stato, ha avuto un ruolo fondamentale nella storia e ha lasciato il suo segno. Ora invece cosa ci rimane? Ci rimane una malapolitica e una cattiva gestione delle nostre risorse. Abbiamo un territorio che garantisce un turismo che ci permetterebbe di vivere di rendita. Basterebbe poco, veramente poco, basterebbe investire in qualcosa che altri paesi non possono avere, che neanche la Cina può produrre, noi abbiamo la cultura, abbiamo i monumenti, la storia, abbiamo Roma. Basterebbe davvero poco, non bisogna far pagare 5 euro l'accesso ad un monumento ma bensì 1-2 euro, questo frutterebbe molto più che un biglietto di 5 euro perchè la gente sarebbe più incentivata a scoprire la nostra storia, il nostro passato e tutto quello che noi siamo stati e che noi siamo: italiani.
Gli studenti chiedono solo questo, chiedono che la nostra cultura, il nostro e il futuro del paese sia preservato, chiedono di lasciare ai loro figli un Italia in cui sperare, un mondo in cui vivere e non sopravvivere. Gli studenti di tutto il mondo si sono stancati di questa politica capitalista dove le persone sono numeri, i giovani sono stufi di vedersi cancellare il futura da persone che quel futuro non lo vedranno. I giovani si sono accorti che il mondo deve cambiare, è finita la politica del dopoguerra in cui l'industria doveva produrre e consumare. I giovani sono come la cartina tornasole, quella che serve per giudicare se una sostanza è acida o basica, i giovani sono un qualcosa che più imparziale non c'è. Nei cortei non ci sono comunisti, ci sono ragazzi, di destra, di sinistra, anarchici o apolitici. Non c'è la politica dentro un corteo dei giovani, i cartelloni e bandiere politiche vengono fatti togliere dagli stessi organizzatori, non c'è un sindacato, i ragazzi non ne hanno uno, ci sono solo persone che guardano i loro sogni che si allontanano sempre più e i media lasciano loro messaggi di degenerazione. I media lasciano il messaggio che tu puoi bypassare tutto il sistema offrendo il tuo corpo come merce o vendendo il tuo voto per ottenere successo. L'indignazione è molta, i ragazzi non ci stanno a vedere morire questi valori, i ragazzi sono in piazza perchè lottano per loro, per i loro padri e per i loro figli.

mercoledì 5 ottobre 2011

Il Bavaglio dei fuorilegge

Anni fa ci capitava spesso di vedere in televisione i film western in cui i banditi assalivano le diligenze e, per non farsi riconoscere, applicavano sul proprio viso il fazzoletto, rosso o marrone o nero,  per non farsi riconoscere. Qui film si ambientano spesso in America, verso la fine dell'ottocento. Oggi, cento e più anni dopo i fuorilegge tornano a parlare di bavagli, i bavagli che non servono per coprire il loro volto, ma per coprire il volto del popolo, delle persone che parlano troppo e sono scomodi per qualche re e i suoi servi della corte. Di cosa stiamo parlando forse alcuni di voi, che non seguono molto l'attualità, si staranno domandando, stiamo parlando di il Decreto Legge Intercettazioni che oggi approda alla Camera. Questa legge, altamente voluta dall'attuale maggioranza, ha come scopo quello di bloccare la pubblicazioni di intercettazioni sopra giornali prima del così detto "processo filtro" ovvero il processo in cui le carte vengono rese pubbliche. In questo groviglio, in cui vengono inserite leggi del tutto estranee, compare un articolo, il Comma 29, in cui si parla di un tema molto vicino a tutti noi, quello della censura dei siti web.
Il Comma 29 recita:
"Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono."
Questo cosa vuole dire? Bene, cercherò di semplificare il discorso. Con questo comma, i blog registrati che effettuano post in cui criticano qualcuno o semplicemente esprimono un loro giudizio e tale commento non sia gradito al diretto interessato, riceverà una rettifica e avrà 48 ore di tempo per rimuovere quel commento o creare un contraddittorio altrimenti andrei incontro a pesanti sanzioni pecuniari.
Con blog registrati parliamo di quei blog che non sono amatoriali (come per esempio questo sulla quale state leggendo) ma ci si riferisce a grandi siti come siti di giornali o siti come Wikipedia. Come avete potuto notare, da ieri 4 ottobre, la grande enciclopedia libera è in autocensura, nella prima pagina c'è una lettera che spiega i motivi di questa sospensione del "servizio".  Sulla Homepage si legge infatti "L'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi". La notizia ha scandalizzato tutta la comunità online, sia chi segue l'attualità sia chi naviga su internet per passare il tempo o per altri impegni. La sospensione del "servizio" di Wikipedia ha bloccato moltissimi ragazzi, che utilizzano l'enciclopedia per le loro ricerche e per le informazioni che essa riesce a procurare su qualsiasi argomento, sia tra chi la utilizza come supporto.
Insomma, il ddl sulle intercettazioni, che oggi è approdato alla camera, contiene anche questo comma che bloccherebbe completamente il web, incorrerebbe nella chiusura di moltissimi siti italiani (di cui tutti quelli che utilizziamo per procurarci notizie e quant'altro) che non toccano solo argomenti di attualità ma che muovino un qualsiasi tipo di opinione o critica nei confronti di qualunque soggetto, politico, culturale o anche solo un personaggio di un telefilm o un singolo libro. Con questo semplice comma si vanno violando tutti i diritti di espressione e di critica viene completamente ignorato l'Articolo 21 della nostra costituzione, quella che preserva il diritto all'opinione e alla critica.
Articolo 21:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. 
 
E' vero, la Cina è vicina ma la Corte Costituzionale anche.



lunedì 3 ottobre 2011

Cara Emma ti scrivo

Due giorni fa vi ho parlato della lettera della Confindustria al Governo, in cui si proponevano 5 punti che avrebbero riformato il paese e cambiato l'economia italiana. Gli industriali hanno messo nero su bianco che sono discosti a fare grandi sacrifici pur di riattivare l'economia del paese, sono stati i primi a chiedere una patrimoniale e si sono seduti ad un tavolo ed hanno creato una riforma del lavoro. La politica, invece, durante questi giorni non è riuscita a fare un granché, hanno salvato un ministro accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, hanno rispolverato una legge del 2006 per bloccare le intercettazioni e,  e dato che oramai va di moda, il ha inserito nel pacchetto anche una legge per bloccare i blog.
Ieri, Diego Della Valle ha acquistato alcune pagine dei più importanti quotidiani per poter mandare una lettera aperta alla politica di oggi. L'imprenditore non fa nomi, parla genericamente di una polita, quella che pensa agli interessi propri e non fa nulla per il paese, che deve vergognarsi, e di un'altra piccola parte della politica, che risponde ai suoi compiti, alla quale gli elettori non possono che dire grazie. La lettera, chissà come mai, ha scatenato moltissime polemiche da parte dei salotti di Montecitorio. Nei palazzi del potere si ha un talento innato per parlare di tutt'altro rispetto al problema, la polemica che si è creata attorno a Della Valle è stata legata al fatto che lui abbia comprato una pagina di un giornale per dire queste cose e che questo gesto segna la sua discesa in campo. Quindi si è trascurato completamente il contenuto la lettera dell'imprenditore che, come c'era da aspettarsi, non ha avuto il che ben minimo effetto.
Un'immagine vale più di mille parole
Quello che ha avuto molto impatto è stata invece un'altra lettera, quella che oggi l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha mandato alla presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, annunciando l'uscita del gruppo Fiat e del gruppo Fiat Industrial dalla Confindustria. Questa scelta, spiega nella lettera Marchionne, era già stata meditata da qualche mese a questa parte, gli eventi del 21 settembre, giorno in cui " è iniziato un acceso dibattito che ha fortemente ridimensionato le aspettative sull’efficacia dell’Articolo 8". Quindi secondo il patron della Fiat "Si rischia quindi di snaturare l’impianto previsto dalla nuova legge "- Riferimento alla modifica dell'articolo 8 - "e di limitare fortemente la flessibilità gestionale". La lettera ha colpito principalmente la stessa Fiat, infatti questa mattina, con l'apertura delle borse, Piazza Affari ha aperto con -2% mentre il titolo Fiat con un drastico -4%. L'amministrazione Marchionne non ha fatto altro che penalizzare l'azienda dal punto di vista italiano. Prima con quella sotto specie di plebiscito in cui si ricattava, perchè qual dir si voglia di ricatto si è trattato, di cambiare il proprio contratto o la Fiat si sarebbe trasferita altrove, probabilmente all'estero.
Vorrei ricordare quello che imponeva quel fatidico sì, che ebbe il 63% dei voti: Le pause sono state ridotte da 40 a 30 minuti mentre la pausa mensa è stata spostata alla fine del turno. Se si verificassero assenze per malattia in coincidenza con scioperi e manifestazioni esterne, l’azienda si riserverà il diritto di non retribuire i primi 3 giorni.  Altra importante novità riguarda la clausola sugli scioperi: non potrà essere proclamato uno sciopero nei casi in cui l’azienda abbia comandato lo straordinario per esigenze di punte di mercato, di avviamento e recupero produttivo. Oltre alle sanzioni individuali per i lavoratori, c’è una clausola che impone il rispetto degli impegni assunti ai sindacati, con apposite sanzioni.
Insomma, un vero e proprio cambiamento del contratto di lavoro, gli operai perdono i loro diritti di sciopero e perdono una pausa di 10 minuti per riposarsi. Il povero Marchionne non ha idea di cosa sia il lavoro in una catena di montaggio, a lui basta guadagnare 38.800.000 (38.8 milioni all'anno), ovvero 1037 volte più di un qualsiasi operaio (Fonte: IlSole24Ore).. Beh si, forse il vero motivo per la quale Marchionne esce dalla Confindustria è perchè non vuole una patrimoniale e non appoggia alcuni sacrifici che gli industriali italiani sono pronti a fare per il proprio paese...Ah già, a lui non importa del paese, dei lavoratori italiani, lui è un uomo che si è fatto da solo, non ha mai chiesto soldi allo stato. Purtroppo per lui, nel libro "Mani bucate" di Marco Cobianchi si enuncia chiaramente che "Marchionne, da quando ha preso il timone della Fiat, si è fatto dare dallo Stato almeno 353 milioni di euro".


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