lunedì 28 novembre 2011

La fine di un'esperienza

I francesi, come abbiamo visto, si insediarono nella penisola italiana senza non poche polemiche, il loro comportamento aggressivo, al di là delle modernizzazioni e del progresso scientifico che hanno portato con il loro insediamento, ha sollecitato una grandissima ostilità da parte della popolazione italiana, specialmente nelle popolazioni rurali, che daranno vita a molteplici disordini. La situazione precipita nel marzo 1799, quando l'esercito russo e quello austriaco, alleandosi, compiono una pesante offensiva nei confronti della Francia attraverso la Pianura Padana.
Gli sconti sono preceduti da un grandissimo numero di rivolte all'interno della penisola e di origine diverse a seconda del luogo. Ma in tutte le rivolte un sentimento comune le lega, quella di difendere aspetti della vita sociale, come i valori della chiesa cattolica e i privilegi delle comunità locali.

Lo stemma della Repubblica di Genova
Le truppe francesi, dunque, sono costrette a retrocedere e ad abbandonare i territori italiani, fino a giungere nel dicembre del 1799 quando la Francia sarà costretta a rinunciare a tutti i territori, eccezion fatta per la Repubblica di Genova, e a riconsegnare i vecchi territori ai legittimi sovrani.
La popolazione, che spesso non accettava il ritorno del sovrano, fu repressa, molto spesso, nel sangue.

La vita politica nelle repubbliche

A guardare la cartina politica italiana durante il Triennio repubblicano non ci aiuta certamente ad immaginare il paese in procinto di unirsi sotto un'unica bandiera. L'unificazione dell'Italia è un argomento che non passa minimamente nella testa di Napoleone ne, tanto meno, in quelle del Direttorio francese. I motivi di questa esclusione sono presto detti: la Francia aveva interesse nel creare in Italia una serie di stati cuscinetto in modo da crearsi una maggior protezione contro l'altro grande impero dell'Europa occidentale di quel periodo che è l'impero d'Austria. Questi stati cuscinetto, inoltre, garantivano un costante flusso di entrate economiche e una fonte di risorse per l'Armata d'Italia, garantendo a quest'ultima anche un buon avamposto sul fronte austriaco.
Importante è, infine, l'equilibrio che si viene a creare tra il ministro degli esteri francese, i commissari civili e i militari che prestavano servizio nel territorio.
Il ruolo dei piccoli stati cuscinetto aveva anche un ruolo politico e, all'occorrenza, sarebbero potute divenire anche oggetti di scambio o di cessione.

martedì 22 novembre 2011

I patrioti e l'idea unitaria

Le diverse idee di elaborazione socio-politico del Triennio hanno alla base una convinzione ampiamente diffusa tra l'opinione pubblica <<patriotica>> : ovvero che la sovranità sia riposta nel popolo-nazione e che la virtù più importante sia il patriottismo. L'idea secondo cui la sovranità spetti a un soggetto unico, e che nei suoi confronti si debba manifestare una virtuosa e illimitata lealtà patriottica, criticando le divisioni politiche, che possono spezzare l'unità nazionale. In queste ipotesi, però, non si nominano ne la nazione ne la patria a cui ci si riferisce, scaturendo così una serie di interpretazioni. C'è che parla di "nazione napoletana o, addirittura, di "nazione piemontese". Alcuni testi, con il termine nazione o il termine patria, si rivolgono alla Repubblica Cisalpina o Cispadana. Parallelamente a questo discorso, comincia a maturare l'ipotesi di uno stato unitario, che raccolga tutti gli italiani. A sollecitare tale impresa si impegna intensamente Filippo Buonarroti, discendente del più celebre Michelangelo. Egli svolgerà il ruolo di mediatore tra i soldati dell'Armati d'Italia e gli italiani favorevoli alla costituzione di una repubblica francese.
Filippo Buonarroti
I centralisti, intanto, insistono con forza politica e militare e sulla coerenza politico-amministrativa, affinchè si abbia l'istituzione di un'unica compagine repubblicana. I federalisti, d'altro canto, affermano che le diversità storiche e culturali che caratterizzano le varie parti della penisola farebbero preferire una soluzione federale. Due aspetti emergono ideologie, la loro attenzione si concentra soprattutto sule questioni di carattere politico-costituzionale, ci si interroga se il nuovo stato debba prendere il modello di Rousseau o se debbano esserci forme chiare di divisione dei poteri; sui quali debbano essere le linee della politica economico-sociale; se le repubbliche debbano essere autonome, oppure federali o sia opportuna una repubblica <<una e indivisibile>>. Ovvero che la nazione italiana esiste e che ha diritto a una sua espressione statale. Nei testi dei patrioti, sia essi centristi, sia essi federali,  compare chiaramente che una grande nazione dia maggiori garanzie di forza e di indipendenza rispetto ad una costellazione piccole repubbliche autonome. Naturalmente a Napoleone e al Direttorio francese questa opzione non era molto comoda, essi puntavano ad evitare la formazione di un nuovo grande stato confinante con la propria nazione. Dividi et impera.

lunedì 21 novembre 2011

Il dibattito politico-costituzionale tra i patrioti

Il lessico dei patrioti posava le sue fondamenta sopra due parole: Democrazia e Repubblica. Da queste due parole si aprono infiniti discorsi sulla formazione di un possibile stato e sulle forme istituzionali che esso dovrebbe assumere. Possiamo riassumere queste proposte in due diversi progetti di repubblica.
Una prima ipotesi, ripropone, con alcune modifiche, il "contratto social" di Rousseau, escludendo, però, la parte in cui egli tratta il tema della sovranità politica, che, secondo i patrioti, dovrebbe essere espressa attraverso organi rappresentativi, diversamente dalla democrazia diretta che il pensatore francese idealizzò.
Un secondo progetto si sviluppa sulla divisione dei poteri, sempre precedentemente teorizzata da Roussau, nella quale il potere legislativo sia autonomo del potere esecutivo, ed entrambi non debbano per alcun motivo interferire con il potere giudiziario, che svolge il ruolo di garante della repubblica.
A queste proposte si affiancò l'idea di una stato che tutelasse le uguaglianze civili e, per questo motivo, spunta, accanto a questa proposta, l'idea di privilegiare le riforme di carattere socio-economico più tosto che quelle di carattere costituzionale, al fine di stabilire l'uguaglianza, sia di carattere civile, sia di carattere economico, a tutti i cittadini.
Ecco quindi giungere anche la proposta di equità dei sessi sui diritti politici. Altri, seppur più timidamente, chiedono la cancellazione delle differenze di genere. Di contropartita, spunta anche la voce di chi non vorrebbe la partecipazione delle donne in politica, in quanto essa sia dipendente della figura del maschio, che sia il padre, che sia un fratello o un marito, e fa di essa una persona non libera di esprimere la propria opinione.

L'opinione pubblica del Triennio

L'accoglienza riservata alle truppe francesi non fu proprio delle migliori, infatti essi furono accolti con molta violenza. In questo periodo si susseguono insorgenze e movimenti antifrancesi, soppresse con rapidità dalle truppe napoleoniche. Mentre nelle piazze e nelle vie si vengono a creare movimenti di protesta, l'opinione pubblica non ha una posizione ben precisa degli avvenimenti che vedono coinvolto il paese in questo momento. Essa si divide principalmente in tre filoni: un primo, moderato e filo-francese, un secondo, vicino alla casata degli Asburgo e, infine, un terzo filone radicale e filo-giacobino. Queste tre posizioni non passano inosservate e lo stesso Napoleone si dedica ad osservarle accuratamente, dando maggior importanza al filone radicale e filo-giacobino, considerandola come un'area prevalsa da giovani proveniente da tutte le classi sociali, con buona formazione intellettuale, che tendono ad autodefinirsi <<patrioti>>, ma sono considerati <<giacobini>> dai propri avversari.

sabato 19 novembre 2011

Il mercante di libri maledetti

Come amante del romanzo storico, sono felice che finalmente qualche nuovo libro di questo genere. Bene, andiamo subito ad analizzarlo. Il nuovo romanzo di Marcello Simoni è uno di quei thriller da leggersi tutto in un fiato. Il romanzo, nel metodo di scrittura, richiama molto Il codice da Vinci, con la sua rapidità degli avvenimenti, con la divisione dei piccoli capitoletti e frasi brevi (come ormai tutti i romanzi odierni). La narrazione del romanzo è identica a quella del romanzo di Down Brown, come, per esempio, l'inizio del romanzo con descrizione di un fatto iniziale che avrà ripercussioni su tutto il romanzo. La storia è molto valida, dopo anni si torna con un romanzo ambientato nel 1200 (per la precisione il 1218) e tutta la storia ruota attorno a Ignazio da Toledo, un mercante di reliquie e dei suoi due compagni di viaggio Willalme, un francese abile con le armi e da Uberto, un giovane ragazzo che Ignazio prenderà con se all'inizio di questa avventura.
Tutto nasce quando Ignazio viene chiamato a Venezia da un nobile che lo incarica di ricercare un oggetto molto caro: l'Uter Ventorum. Questo oggetto non è solo caro al nobile, ma è anche legato, strettamente, al mercante di Toledo. Il viaggio comincia da un monastero, dove Ignazio era stato ospite anni prima e con cui stesse un gran legame con il vecchio abate e a cui lasciò il suo tesoro, promettendo che sarebbe tornato a riprenderlo. Quando Ignazio giunge nel monastero dopo anni, ad accoglierlo non trova il suo caro e vecchio amico, bensì un nuovo abate, succeduto al precedente dopo che esso è morto. Durante il dialogo viene risaltato il carattere di Ignazio; un carattere astuto e razionale, molto sospettoso del nuovo abate. La conversazione con l'abate ha un fine per Ignazio, quello di chiedere di poter portare con se un giovane che risiedeva in quel monastero dalla sua nascita: Uberto.

Il viaggio sarà molto avvincente e vedrà coinvolti Italia, Francia e Spagna, in un viaggio che narra vicende come l'assedio di una città o l'ebbrezza di una fuga a cavallo in piena notte, i misteri dell'alchimia di quel tempo e i pellegrinaggi nelle zone di culto. Ma ovviamente non è un viaggio così semplice, infatti sulle tracce dell'Uter Ventorum non c'è solo il marcante di Toledo e il nobile veneziano, sulle sue tracce, assieme a loro, c'è anche una setta antichissima: la Saint-Vehme, con cui si ha a che fare già dalla seconda pagina del romanzo.
Per chi ha letto Il nome della rosa di Umberto Eco forse storcerà il naso, dato che, almeno per la prima parte del romanzo, sembri molto simile. La prima impressione che mi ha dato il libro, infatti, è quello di un mix del romanzo di Eco con quello di Down Brown.

Un punto a favore di questo libro è il prezzo. Il romanzo, pubblicato dalla Newton Compton Editori, anche essendo uscito recentemente, ha un prezzo di copertina di 9.90€, per 347 pagine da gustare. Forse non è un libro che passerà alla storia, ma è un ottimo romanzo d'esordio di un giovanissimo scrittore (classe 1975) e il 2° posto raggiunto nelle classifiche italiane lo dimostra perfettamente. Certo è che bisogna ammettere  che questo periodo non ha visto molti romanzi di questo genere e questa novità ha attirato moltissimi lettori del genere, me compreso.

giovedì 10 novembre 2011

Mari e Monti

Per molti questa immagine ha generato una strana gioia
Come si è visto in questi giorni la crisi mondiale, che va avanti oramai da circa 3 anni, ha colpito e travolto con tutta la sua foga il nostro paese, mettendolo a nudo di tutti i suoi problemi. In queste ore, si sta lavorando su quella legge di stabilità con cui questo governo, come ben sapete, metterà la parola fine alla sua, travagliata, avventura. Infatti Berlusconi ha già annunciato le sue dimissioni appena sarà approvata la legge in questione. La decisione è stata presa dopo che alla camera il rendiconto generale dello Stato è stato approvato con 308 voti favorevoli e 321 astenuti, segno inconfondibile che la maggioranza alla Camera non c'era più. Berlusconi per tutta la durata della valutazione è stato molto cupo e non ha alzato quasi mai lo sguardo se non per vedere quel tabellone su cui compariva quel 308 che lo ha, forse, convinto a lasciare la poltrona di Presidente del Consiglio (come San Tommaso, non credo se non vedo). Ma siamo sicuri che sia la fine di Berlusconi? Siamo sicuri che questo sia il tramonto dell'uomo che è stato protagonista per 20 anni della scena politica e che per 9 anni lo ha presieduta? Il fondatore di Mediaset è una persona scaltra: anche se ha già annunciato personalmente le sue dimissioni, appoggiando il possibile governo Monti, egli ha, però, contemporaneamente  ha anche annunciato che potrebbe tornare a ricandidarsi alle prossime amministrati se il suo partito lo chiedesse. Ma come, un anno fa aveva incaricato Alfano, all'ora Ministro della Giustizia, a guidare il PDL e ora, quando i tempi di Berlusconi sono finiti, si vorrebbe riprendere la guida del partito? Con la frase <<Mi ricandiderò se il mio partito me lo chiederà>> Berlusconi ha già dato per scontato che tornerà a presentarsi le elezioni, perchè? Mi spiego meglio, il PDL è stato fondato dallo stesso Berlusconi e, durante il suo tragitto, ha perso vari pezzi di persone scontente della sua politica, a partire dai finiani che si sono sfilati il 14 dicembre per poi passare per quelli che hanno optato per andare nell'ovile dell'UDC o, come sta accadendo in questi giorni, uscire per fondare partiti autonomi. I così detti "traditori", come gli ha indicati lo stesso capo dei ministri, hanno determinato la fine dell'attuale governo. L'anno scorso, sempre tornando a quel 14 dicembre, i parlamentare che salvarono il governo, passando dai banchi del PD e dell'IDV, non erano stati indicati come "traditori" ma , bensì, come "Eroi" o "responsabili" che avevano compiuto quella decisione per salvaguardare il paese.
Va bene, tralasciamo questi particolari e concentriamoci, invece, di questo momento di svolta, in particolare mi riferisco alla nomina di Senatore a vita di Mario Monti da parte di Giorgio Napolitano. La nomina, avvenuta ieri sera verso le 19.30, quindi a mercati chiusi,  è stata più che una semplice nomina di un senatore a vita. Mario Monti, classe 1943, è un economista ed è stato prima preside della Bocconi e poi, per un decennio (1994-2004), è stato Commissario Europeo.
Mario Monti
La nomina a senatore a vita è stato un colpo di genio del capo dello stato, che con un colpo solo non solo fa capire che il governo Monti è vicino ma che questo non sarà un governo tecnico ma un governo vero e proprio, ma soprattutto, il Presidente della Repubblica, ha dato un segnale forte ai mercati, che hanno risposto con un ribasso, questa mattina, dello spread. Questa nomina, probabilmente, è stato favorito anche dal fatto che Napolitano non ha mai visto di buon occhio i governi tecnici.
Ora che Berlusconi si è dimesso, Zapatero aveva già annunciato elezioni anticipate e il Leader greco Papandreus ha lasciato proprio oggi il passo a Lucas Papademos, possiamo parlare del cambio della guardia di tutti e tre i paesi europei su cui pesava la speculazione dei mercati. Le dimissioni dei "tre moschettieri" potrebbero permettere un ricompattamento, mercato permettendo, dell'economia europea. A questo punto non si può perdere tempo, la ferita è stata purificata ma potrebbe infettarsi nuovamente se non la si protegge. Ora bisogna fare un esame di coscienza, rendersi conto che ora bisogna riformare l'Europa, dare un potere effettivo al Parlamento Europeo e dare alla moneta una solida base su cui contare. Tutto questo permetterebbe di dare, forse, la spallata alla crisi e mettere la parola fine alla crisi europea.

martedì 8 novembre 2011

Risiko!

Forse non ce ne rendiamo conto perchè i media sono concentrati sul nostro territorio, ma forse alcuni se ne sono accorti. Di cosa sto parlando? Parlo della prossima guerra che scoppierà a breve. Immaginate il tabellone del Risiko, se non lo avete a mente vi facilito il lavoro con un immagine qui accanto, bene, ora immaginate che il territorio bellico siano i paese subito accanto ai territori europei. In queste aree troviamo la Libia, l'Iraq, l'Afganistan e, infine, il nuovo territorio di guerra, quello dell'Iran.
Quanti ricordi
L'Iran è uno dei più grandi paesi produttori di petrolio, confina con l'Iraq e è uno spartiacque tra la cultura asiatica e quella araba, anche se, ufficialmente, non privilegia nessuna delle due culture. L'Iran non viene mai chiamata in ballo ufficialmente, spesso si usa indicarla con il nome della propria capitale:  Teheran. La nazione è una repubblica islamica e ha un governo teocratico.
Il motivo di questa disputa, a quanto pare, sarà il fatto che il paese, secondo le informazioni degli agenti che hanno compiuto il controllo sul territorio, l'Iran stia costruendo armi atomiche. Sarà vero?  Il paese ha cominciato ad utilizzare ufficialmente il nucleare, a scopi unicamente civili, già da venti anni a questa parte, costruendo centrali nucleari con tecnologia principalmente fornita dalla Russia, per cercare di ridurre l'utilizzo del petrolio e la dipendenza da esso, infatti il paese consuma il 40% del greggio estratto nel proprio territorio.
Cosa ha costretto l'Iran a prendere la decisione dell'arricchimento nucleare? Per rispondere a questa domanda bisogna conoscere un po' di geografia; gli Stati Uniti (guarda caso loro ci sono sempre) hanno aumentato il numero di basi militari attorno al confine iraniano, infatti essi hanno basi militari in Iraq, Afganistan, Pakistan e in Turchia, accerchiando completamente la vecchia Persia. Il rapporto tra gli USA e l'Iran non è dei migliori, infatti, la decisione di arricchire l'uranio ha portato a far pensare che si stesse tramando la costruzione di armi nucleari e, quasi in risposta, l'ONU ha più volte sanzionato il paese. Sanzione che è arrivata anche da parte degli stessi USA nel 2010 e nel 2011 il nostro caro Sarkozy ha attaccato duramente l'Iran con parole dure riguardo ad un attacco preventivo ma, al tempo stesso, questo attacco provocherebbe una crisi che la Francia non vorrebbe.
Manca solamente la voce "Arrenditi, sei circondato"
Il fatto è che l'Iran non è un paese qualunque, l'Iran è un paese molto vicino ad un grande colosso, ormai, dell'economia e della potenza militare, sto parlando della Cina. L'Iran, oltre ad essere una fonte primaria di petrolio, è anche il paese che si affaccia sul Golfo persico e in cui sarà estratto, secondo un post di Beppe Grillo, "il 30% dell’intero fabbisogno mondiale, controlla l’energia e chi controlla l’energia controlla il pianeta. La richiesta crescente di energia (la sola Cina passerà dagli attuali 7 milioni di barili al giorno a 16, 5 milioni nel 2030) coinciderà con la concentrazione dell'estrazione di petrolio nel Golfo Persico." Questo quindi porterà la Cina a fare la voce grossa per impedire che gli USA conquistino, una guerra dopo l'altra, tutto il Medio Oriente.

E si, oramai la guerra libica si è conclusa, bisogna continuare ad avere un nemico per portare l'opinione pubblica ad unirsi contro un nemico comune. Il liberare presidente Obama, per quanto io lo abbia appoggiato all'inizio del suo mandato, si è rilevato quello che realmente è: un Presidente degli  Stati Uniti d'America e come tale deve pensare all'economia delle sue industrie e dei traffici ed esse legati.

venerdì 4 novembre 2011

Accusatemi di vilipendio

Oggi si è svolto il G20 a Cannes che ha visto come principali obiettivi quelli di risolvere la crisi, soprattutto di salvare l'Europa, esposta ad una grandissima speculazione.  Il vertice, come ho già detto nel precedente articolo di ieri, ha visto interessati la Grecia, la Spagna e il nostro paese. Dal G20 è uscito un dictack  diretto a Papandreu, che si è visto con le spalle al muro quando la Merkel ha intimato, senza tante parole,  la cacciata della Grecia dalla comunità europea in caso si attuasse il referendum. Poi, superato il problema Grecia, si è passato al problema Italia, con la richiesta di misure rapide e drastiche. Non mi va di commentare la solita uscita di Berlusconi che dice che nel nostro paese la crisi non è poi così sentita dato che i ristoranti e voli di linea sono sempre pieni, no, non ho intenzione di criticarlo, sarebbe come sparare sulla croce rossa. Mi volevo focalizzare un momento sulla vicenda che è avvenuta dopo il vertice, vorrei spostare il mio sguardo un po' oltre il parlamento, un pò oltre ai presidenti delle camere e al Presidente del Consiglio, vorrei analizzare un attimo il discorso di Napolitano e del suo, ennesimo, richiamo.

Napolitano, classe 1925, un giovanissimo per intenderci, in questi giorni, come crollato dal cielo, ha smesso di visitare i salottini di Roma ed ha cominciato ad alzare i toni, richiamando il governo ad effettuare manovre in tempi brevi, ad essere coeso ed a cercare compromessi per effettuare riforme per il bene del nostro paese. Lo stesso Napolitano che, nella giornata di ieri, ha convocato i leader dei partiti politici in parlamento, per chiedere soluzioni a questa "crisi di governo". Ma come, signor Presidente della Repubblica, si accorge solo ora, dopo 1275 giorni da quell'8 maggio 2008 (giorno in si è formato il governo Berlusconi IV), che c'è qualcosa che non va? Possibile che solo ora si è accorto che il parlamento pensa a varare leggi che favoriscono solo i pochi, ignorando i molti? Ma evitiamo questa discussioni, non mi interessa parlare del fatto che abbiamo avuto un Presidente della Repubblica che è stato ironicamente denominato "dormiente". Vorrei analizzare un fatto, a metà tra la questione politica e la questione costituzionale. Napolitano ha alzato la voce contro l'attuale governo, rimproverandolo di non aver risposto ad alcuni bisogni del paese, scaricando la responsabilità su di esso. E si, ho proprio detto "scaricando la responsabilità", perchè il nostro caro presidente, per quanto possa essere una persona pacata e dall'aspetto rassicurante per il paese, è l'artefice di tutte le leggi ad personam che sono state varate da tre anni e mezzo a questa parte. Vilipendio! Sei un folle! Ma cosa stai dicendo! Questo forse vi passa per la testa leggendo le mie ultime righe, ma vi posso assicurare che non è così, non sono ne impazzito ne tantomeno sto delirando. Voglio citarvi due testi per rendervi più chiare le idee: il primo riguarda un articolo della nostra costituzione, riportando l'articolo 73 e l'articolo 74:

Art. 73.
 Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.
 Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.
 Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.

Art. 74.
 Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.

Il secondo testo è di Carlo Azelio Ciampi, il nostro ex Presidente che ha preceduto Napolitano:

“Io non do consigli a nessuno, meno che mai a chi mi ha succeduto al Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della promulgazione. Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento che giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in prima lettura: la Costituzione prevede espressamente questa prerogativa presidenziale. La si usi: è un modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole alterare le regole, al Parlamento e all’opinione pubblica”.

Ok, vi viene in mente nulla? Ebbene si, il Presidente della Repubblica promulga le leggi e non il Presidente del Consiglio o il parlamento. Napolitano non ha mai, e ripeto mai, salvo un solo caso se non ricordo male, chiesto una nuova deliberazione, affrettandosi a firmare tutte le porcate che sono finite sulla sua scrivania.
Così come quando Napolitano chiede serietà e coerenza al governo attuale ed alla politica generale, anch'io vorrei chiedere serietà e coerenza al Presidente della Repubblica, magari ammettendo di non aver svolto a dovere il suo compito e di non aver guardato all'interesse del paese. Concludo, lanciando un sasso, il nostro caro presidente ha il compito di preservare la costituzione italiana e di difendere il nostro paese ma, anche se viene ricordato meno frequentemente, ha anche il potere di dichiarare guerra ad uno stato. Mi scusi presidente, citando il grande Gaber, ma in Afganistan, in Iraq, in Libia, non ci siamo andati anche noi? E' inutile prendere per il culo la popolazione parlando di missioni di pace, quelle sono vere e proprie guerre e a dichiararle e Lei. Lei che è garante della costituzione mi può spiegare dov'era quando sfogliava la pagina relativa all'articolo 11, sotto la voce l'Italia <<ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali>> ? Si parla di come si possano trovare i soldi per risanare il debito pubblico italiano, provi a cercare quei milioni che servono per finanziare delle guerre incostituzionali, vedrà, oltre ad evitare spese inutili, molti di quei ragazzi morti nelle Vostre guerre ringrazieranno.




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Scritti corsari

giovedì 3 novembre 2011

Scritti Corsari

Avrei tante cose da dirvi oggi, sono accaduti molti fatti in questi giorni ed io ho avuto troppo poco tempo per poter dedicarmi a scrivere qualcosa a riguardo. Stiamo assistendo ad un momento epocale della storia del nostro paese. In questo momento a Cannes, città famosa per il festival del cinema, si sta per riunire il G20. Il G20 che vede al centro della scena la crisi mondiale e i paesi che fanno da apripista alla crisi della moneta europea. Il vertice, però, è stato preceduto da due pre-vertici, uno ieri sera, che ha visto coinvolti il duo Francia-Germania, autonominati commissari dell'unione europea non si sa con quale diritto e la Grecia di Papandreou, che ha dovuto rispondere alle domande riguardanti la scelta di far decidere al popolo se assecondare le richieste della BCE (Banca Centrale Europea) o meno. La scelta del referendum era stata fatta alcuni giorni fa, scatenando l'indignazione della Germania e spiazzando i mercati, che hanno risposto mandando a picco le borse europee. Ma ovviamente tutto quello che accade nel Peloponneso non ci è per nulla estraneo, anzi, se da una parte si è convocata la Grecia, dall'altra, questa mattina, c'è stato l'incontro tra il solito duo Francia-Germania e gli altri due paesi a rischio: Spagna e Italia, quest'ultimo, ormai, più in crisi rispetto al primo. Come si presenterà il nostro paese a questo vertice? beh, difficile dirlo con precisione, ma ieri sera il Consiglio dei ministri ha lavorato fino a tardi, non vi spaventate, solo fino alle 22 e 30, per cercare un accordo per salvare il paese dalla crisi. calderoni, noto e colorito ministro della semplificazione, ha espresso il suo giudizio riguardo all'esito del CdM esclamando <<Ci siamo calati le braghe>>. Ma esattamente cosa contiene? Con fonte La Repubblica riporto alcune voci che sono trapelate sul Maxi-Emendamento:
Liberalizzazioni, privatizzazioni, semplificazioni, infrastrutture, dismissioni del patrimonio pubblico, piano Sud e piano lavoro (ma senza licenziamenti "facili" né tantomeno pensioni), smaltimento dell'arretrato della giustizia civile, credito di imposta per la ricerca, banda larga.
Si parla di cose interessanti, come la Banda Larga e le liberalizzazioni o le dismissioni del patrimonio pubblico, ma io credo, e non sono il solo, che per queste cose sia tardi. Per far passare questo Maxi-Emendamento ci vorrà una maggioranza in parlamento, cosa che sembra invece venir meno in queste ore. Per rendere meglio l'idea, da alcuni giorni si parlava di una lettera che alcuni deputati del Pdl stavano preparando per chiedere al proprio Leader, Berlusconi appunto, di fare un passo indietro e di dimettersi. Questa lettera ieri sera è uscita fuori ed al momento porta la firma di 6 deputati di cui si ignora il nome, per evitare eventi simili a quelli del 14 dicembre.
Infine, ma non meno rilevante, nella mattinata di ieri, e poi anche nel pomeriggio, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, come un fulmine a ciel sereno, ha convocato i Leader di tutti i partiti in parlamento per sentire quali siano le proposte dei vari partiti. Insomma, aria di crisi di governo, che sembra far pensare che si stia toccando il fondo. Questa mattina le borse hanno aperto in negativo e lo spread ha toccato il record storico di 460 punti differenziali, a 500 rischiamo di arrivare alla stessa linea della Grecia.




In questo clima da apocalisse, volevo ricordare oggi, 3 novembre, l'anniversario di morte di un grande poeta e scritto: Pier Paolo Pasolini, a cui ho dedicato il titolo dell'articolo e che vorrei ricordare come un uomo che ha sempre lottato per il bene della società.