mercoledì 25 gennaio 2012

Il male minore


Settimana di blocchi e di proteste in tutta Italia, una settimana che ha riportato le condizioni pessime in cui vive la Sicilia, costretta a pagare a caro prezzo il suo "grandissimo" distacco dalla Calabria. Li pare non essere in Italia, li ogni cosa costa di più perchè tutto viene da fuori, anche gli agrumi di Sicilia vengono prodotti in Marocco. Forse il problema, miei cari siciliani, non è la benzina, è anche la benzina ma non solo. Il problema maggiore egli italiani è il non sviluppo del proprio prodotto interno. Mi spiegate perché noi dovremo importare degli agrumi da altri stati e, allo stesso tempo, esportare gli agrumi siciliani nel mondo? Non ha senso no? E' come vendere una macchina a metà prezzo e poi ricomprare la stessa identica macchina allo stesso prezzo ma aggiungendoci tutti i costi della burocrazia. Forse se invece di acquistare un prodotto proveniente dalla Cina o dal Taiwan sarebbe meglio comprare un prodotto (non dico tutti ma almeno alcuni) che proviene da zone più civili. Bisognerebbe valorizzare il prodotto interno, preferire la merce italiana a quella francese o inglese, bisognerebbe cercare di creare all'interno di una regione quel sistema terrificante dell'autoprodotto. Mi capita spesso di leggere nei negozi di alimentare che la provenienza dei proprio prodotti è di una città della stessa regione (come dire che a Bari si leggerà scritto "pane di Foggia") e allo stesso tempo, neanche a dirlo, nella stessa città da dove proviene quel bene si troverà una scritta analoga che richiama ad un altro paese ancora. Sembra una catena, al limite del buffo, anche un bambino di 5 anni capirebbe che producendo il pane nella propria città e poi vendendolo si evitano i costi di trasporto e i costi per pagare l'autista con la conseguenza di abbassare i prezzi.
Attendo evasore, da oggi sei un peccatore! 
Ma va bene, eviterò di andare avanti con questo discorso perché il sistema consumistico del nostro tempo non permette lo sviluppo di un'economia chiusa, ormai si crede che liberismo è sinonimo di libertà e che protezionismo è sinonimo di dittatura, e poi ci si lamenta se il mercato si sposta in india, dove con 100 euro al mese il lavoratore non si permette in nessun modo di protestare. Forse invece di modificare l'articolo 18, di provare a piegarsi al potere degli industriali e dell'economi si potrebbe provare una via alternativa, quelle della dogana. E si, sembra un male, sembra una stupidaggine, ma l'Europa, democratica, progressa e allo stesso tempo in crisi, potrebbe tornare alle sue origini, a ciò che ha messo le fondamenta, un unione Economica in cui chi entra nella comunità sta alle regole del mercato europeo, chi è fuori dall'unione ho stipula patti bilaterali o paga dazi alle frontiere, creare un sistema economico solo all'interno dell'Unione Europea, creare una specie di stato economico federale. Forse ci sono interessi che non vogliono farlo, dato che non sono il primo a dirlo, a molti conviene che le dogane restino aperte, da che mondo e mondo, l'alta borghesia, da dopo il 1789, ha sempre governato il mondo, gli industriali hanno convenienza ad avere la sede in UE, produrre in Cina e poi mettere il bollino EU sui propri prodotti. Forse è questo che bisogna cambiare, bisogna impedire la produzione all'estero, renderla svantaggiosa e valorizzare il proprio prodotto, forse i prezzi saliranno, è vero, ma allo stesso tempo la moneta si concentrerà all'interno del continente europeo e quindi arricchendo anche la popolazione e dando occupazione a quelle che ora come ora non hanno lavoro.
E' una mossa coraggiosa, è vero, si tratterebbe di un azzardo che potrebbe portare a diverse conseguenze, ma si potrebbe anche sperimentale un nuovo sistema economico, il capitalismo è morto, oramai, qui non c'è la libera concorrenza ma una guerra al ribasso che grava sulle condizioni dei lavoratori che si vedono sempre più revocati alcuni diritti o si ritrova in mezzo alla strada senza lavoro, a questo punto l'Unione Europea, sempre più accentrata attorno alla Germania, può scegliere di sperimentare, ha 3 Paesi in piena crisi economica e si rischia che crolli tutto il sistema, la Francia arriverà alla crisi e la Germania a questo punto si troverà sola ad affrontare la crisi della comunità europea. Gli altri paese benestanti dell'Europa non possono, con il loro prodotto, finanziare e salvaguardare l'economia delle 27 stelle, siamo arrivati ad un punto in cui bisogna smettere di essere populisti, smettere di cercare di accontentare sempre tutti e accontentare i pochi in modo camuffato. L'Italia sta cominciando a cambiare politica, sta attuando una politica non populista, sta cercando di dar spazio a tutte quelle cose che nel nostro paese non si è mai avuto il coraggio di fare. Quando sento gente che si lamentano dell'attuale governo Monti e che lo etichetta come un massone o come un banchiere non sa neanche che cosa sta facendo. Non si rendono conto, tutti questi "rivoluzionari" che la situazione non è quella di rosa e fiori, abbiamo sfiorato il baratro, eravamo in una situazione di morte economica, ha scelto di scontentare tutti è vero, poteva colpire anche altre categorie, ma il pareggio di bilancio imposto dalla UE entro il 2013 non è una bazzeccola. Monti è un economista, non un politico, lui è stato chiamato al governo per risanare il paese, a lui non importa il voto del contadino o dell'industriale, sta facendo quello che la politica non può fare, sta colpendo tutte le categoria, anche quelle forti. In un mese di governo è riuscito a fare quello per anni nessuno ha voluto fare. Forse non ce n accorgiamo perché abbiamo vissuto un ventennio da 1984, un ventennio in cui siamo stati indottrinati dalla televisione e in cui la popolazione non si accorgeva delle condizioni in cui era il paese, basti pensare a quante volte il vecchio presidente ha negato l'esistenza di una crisi, di quanto tempo si è perso attorno al Rubygate o alla casa del cognato di Fini. Ora che si parla di realtà, ora che il Truman show è finito e si è tornati in un momento in cui i festini di Berlusconi non sono più di così grande importanza si dà più spazio alle cose serie. Anche la chiesa, per esempio, ieri ha scoperto l'evasione fiscale e lo ha condannato come un "peccato", doveva arrivare Monti per far scoprire l'esistenza di questo "male mortale", prima era tutto lecito, tutto concesso, era il paese dei balocchi.
La Lega ha attaccato Monti, il PDL, anche appoggiandolo, sembra che stia facendo sacrifici immani, il PD parla di responsabilità, l'UDC acclama al miracolo, una domanda a tutti questi bei partiti, ma per 20 anni consecutivi chi c'era in parlamento Mario Monti o voi? Possibile che solo lui conoscesse queste soluzioni? O forse è l'unico che li dentro vuole tentare di salvare il paese? Come sempre gli italiani acclamano il peggio e bacchettano il meglio, un po' come i cervelli in fuga, vanno via gli scienziati e rimangono i raccomandati, sempre controcorrente, un pò come i salmoni, o se preferite le Trote.



giovedì 19 gennaio 2012

La libertà a stelle e strisce

La Costa Concordia ha riempito i quotidiani e  le edizioni dei giornali di questi giorni, trascurando molti avvenimenti che sono accaduti, stanno accadendo (come il rinominato "movimento dei Forconi") e che accadranno. E' proprio in quest'ultimo ambito che non c'è stata la sensibilità ad un evento che rischia di scuotere la società. Una nuova proposta di censura di internet e della sua indipendenza si sta affacciando sopra di noi ma questa volta non siamo in Italia, non siamo in qualche paese da una tenua democrazia, stiamo parlando degli Stati Uniti.
Forse ai naviganti di Wikipidia avranno notato quel gran banner che compare con la denuncia all'assurdità di questa legge. Sopa e Pipa sono i nomi, forse anche un po' buffi, con la quale sono state rinominate rinominate le due proposte di legge da parte del Senato americano. Sopa (Stop Online Piracy Act) e il Pipa (Protect Ip), sono state idealizzate, dicono i politici americani, per coprire i diritti d'autore e per combattere la pirateria online. Sembra veramente di rivivere un deja vu e di ritrovarsi e ripercorrere quelle giornate di ottobre quando una proposta simile fu avanzata nel nostro paese, scatenando un'ondata di proteste.
Le due "gemelle cattive" Soda e Pipa, prevedono una chiusura coatta di indirizzi che violano i diritti di autore e i titolari di questi siti rischiano fino a 5 anni di carcere in caso l'utente pubblichi un link protetto, anche senza fini commerciali. Di cosa stiamo parlando? Cercherò di darvi una dritta. Se un utente pubblica su Youtube, come in qualunque altro sito, uno sketch preso da un film, e quindi protetto a Copyright, verrebbe denunciato e, oltre alla rimozione di tale link (che solitamente avviene con qualche settimana di ritardo) rischierebbe la pena massimo di 5 anni.
Robe da paese dittatoriale, non certo per un paese che si è sempre dichiarato come il più democratico del mondo e come una patria dove realizzare i propri sogni. Internet è un mezzo scomodo, si cerca sempre un metodo "democratico" per limitarne le potenzialità, forse i senatori agiscono realmente per tutelare quelle grandi aziende (per la maggior parte americane, che caso) che hanno visto i propri guadagni diminuire. Ma non è finita qui, infatti, oltre alla possibilità di rimozione coatta del contenuto delle pagine web, il governo americano, sempre secondo le "Gemelle cattive", potrà tagliare i finanziamenti per supportare la pagina (quindi bloccando pagamenti per preservare il dominio o per concedere servizi) e quindi portare alla scadenza del sito. Insomma una forma alternativa di oscuramento in cui si lascia scadere la pagina per poi essere rimossa automaticamente dai server.
Le due leggi approderanno il 24 gennaio al Senato americano, dove si darà inizio al dibattito parlamentale sulla legge e dove, ancor prima di approdare, incontra già l'opposizioni di vari esponenti di rilievo, lo stesso Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha già annunciato il suo dissenso verso questa legge.
Il messaggio che ha accompagnato il Blackout di Wikipidia di mercoledi 18 gennaio
Intanto molti grandi gruppi di internet, come Mozilla, Yahoo e Google hanno già aderito ad una campagna di protesta verso questa proposta. Ieri, 18 gennaio, c'è stata la protesta in tutti gli States e Wikipidia ha oscurato completamente la pagina americana (e inglese) per 24 ore in segno di protesta.
Le conseguenze di questa legge, ipotizzando la sua approvazione, sarebbero molto pesanti in tutto il mondo democratico che, prendendo per modello il "paese più democratico" potrebbero adattare questa legge anche nel proprio paese imponendo una netta cesura a tuto il mondo del web.

lunedì 16 gennaio 2012

L'Italia della Restaurazione

Nel 1816 due sono i criteri che guidano il nuovo disegno geopolitico imposto all'Europa del Congresso di Vienna: riaffermare la legittimità degli antichi sovrani e delle loro istituzioni e creare un sistema sulla base dell'equilibrio e spinto a scoraggiare futuri tentativi espanzionistici o rivoluzionarie in Francia come in qualunque altro stato minore. Si fa un eccezione per i territori italiani dove ne la Repubblica di Genova ne la Repubblica di Venezia vengono ricostruite, la prima inglobata nel Regno di Sardegna la seconda incorporata nel Regno Lombardo-Veneto e quindi sotto il dominio austriaco. L'obiettivo è chiaro, quello di creare degli stati cuscinetto tra l'Impero austriaco e la sconfitta Francia. i ducati del centro nord Italia vengono ricostruiti e posti sotto la guida di sovrani dipendenti, direttamente o meno, dall'Austria.
Più a sud si riorganizzano lo Stato della Chiesa, sotto il pontificato di Pio VII e ancora più a sud il Regno delle Due Sicilie, unificato a stato amministrativo unico e affidato a Ferdinando IV di Borbone che, dopo il cambio amministrativo, cambierò il suo nome in Ferdinando I delle Due Sicilie.
Rispetto all'epoca napoleonica l'Italia tornava ad essere  frammentata e divisa come lo era stata in passato, cambiando la sovranità, che passa dai francesi agli austriaci attraverso rapporti di parentela molto vicini alla corona dell'impero o attraverso accordi diplomatici.
Tutti questi stati riproposti dopo il Congresso di Vienna si forniscono di organismi di governo centrale, dipendenti dall'autorità sovrana e di strutture amministrative periferiche affidate a personale scelto dal sovrano. Ovviamente nessuno di questi stati sarà fornito di forme di costituzioni o di organi rappresentative eletti.
Tutti questi nuovi assetti non fanno che aumentare il malcontento della popolazione impegnando le polizie in ossessive operazioni di spionaggio, controllo e repressioni di questo fenomeno che va sempre più ingrossando le proprie file e che inizia ad assumere forme organizzative che saranno protagoniste di tutto il cinquantennio successivo, quello delle sette segrete.

martedì 10 gennaio 2012

Italia si Italia no

Beh, ce l'era da aspettarselo, Marchionne ha finalmente reso pubblica la sua intenzione di lasciare il pese assieme al gruppo Fiat. Non è una cosa che coglie di sorpresa ma è comunque una dichiarazione molto forte per il nostro paese. Il decentramento della Nostra industria automobilistica potrebbe avvenire nel 2014 con una fusione del gruppo fondato dalla famiglia Agnelli con il colosso americano Chrysler, con sede contesa (e su questo tornerò a breve) tra Torino e Auburn Hills in Michigan. Questa affermazione è stata resa solamente quando Marchionne, attraverso il gruppo che dirige, ha potuto acquistare il 58% delle azioni del marchio statunitense, garantendosi una maggioranza azionistica incontrastata.
Una scalata molto interessante se si pensa che il tutto è avvenuto in meno di due anni. Nel gennaio 2009, infatti, il gruppo Fiat rese pubblica la notizia di un protocollo di intesa tra le due case automobilistiche. Questo protocollo ha fruttato al gruppo Fiat il 20% delle azioni di Chrysler Group, inoltre essa si impegnava a risanare Chrysler e a fornire nuove tecnologie proveniente del gruppo italiano. Questo accordo sanciva anche un vincolo nella quale la Fiat non poteva superare il 35% delle azioni sino a quando il gruppo torinese non avesse risarcito il governo americano del prestito di cui aveva usufruito per risanare la compagnia.
Già un anno dopo l'accordo, nel gennaio 2011, Fiat comincia la sua scalata al colosso americano, portando a casa il 25%, che salirà di altre 5% già nell'aprile per passare poi al 46% nel mese successivo. Nel luglio la svolta, Fiat acquisisce il 53,5% delle azioni, ottenendo la maggioranza e nel gennaio del 2012 si giunge all'attuale percentuale di 58,5%. A questo punto Marchionne gioca il suo asso nella manica. Nel nostro paese la Fiat, sotto la dirigenza Marchionne, ha  usufruito degli incentivi statali e ha cercato di imporre la sua politica di mercato. Il modello Pomigliano, attuato attraverso un Diktat, in cui gli operai sono stati chiamati ad un finto plebiscito per scegliere di piegarsi alle condizioni di lavoro o perderlo, non si è potuto attuare a Termini Imerese con la conseguente chiusura dello stabilimento. Tutto questo suscitando non poche polemiche e provocando l'ira dei sindacati. Sono stati proprio quest'ultimi, a mio parere, a creare in Marchionne la volontà di lasciare l'Italia, dove i lavoratori sono più tutelati e protetti, ed optare per l'America, dove chi perde il lavoro non ha scelta che cercarne un altro o restare disoccupato.
mors tua vita mea dice il caro Obama
L'economia e il lavoro italiano a questo punto, per salvaguardare migliaia di posti di lavoro deve prendere una ferrea decisione ed impedire alla Fiat di lasciare il paese. Le condizioni sono due, una opposta all'altra:
Nella prima l'Italia deve creare condizioni talmente sfavorevoli alla Fiat, come minacciarla di restituire tutti i soldi presi dagli incentivi dall'inizio del '900 a oggi e creando dei dazi doganali talmente alti che una Panda verrebbe a costare quanto una Lamborghini. Tale accordo, magari proponendo una certa autorità e proponendo i vantaggi agli altri stati verso le proprie aziende, potrebbe essere promulgato verso tutta l'Europa. A questo punto la grande fetta di mercato andrebbe via. Sono ipotesi ovviamente ma un metodo sconveniente si potrebbe trovare per indurre la produzione a non lasciare il paese.
La seconda alternativa viene lanciata dallo stesso Marchionne, quando alla domanda alla quale si chiede dove sarà accentrata la sede principale del nuovo colosso italo-americano egli risponde con un semplice "Al momento non si sa" e poi aggiunge "in questo momento non ci sono le condizioni per rispondere". Queste affermazioni sono rivolte, subbliminarmente al governo italiano e ai sindacati, i quali dovranno scegliere se creare una posizione di comodo alla Fiat o lasciarla andare, insomma, vuole essere coccolato, ammagliato e aspetta di vedere il miglior offerente.

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Cara Emma ti scrivo

martedì 3 gennaio 2012

Io lo preferivo vivo

Ieri c'è stato l'addio al vecchio proprietario del San Raffaele Don Luigi Verzé. Alla sua morte, avvenuta il 31 dicembre, molti sono stati felici, soprattutto tra il popolo che frequenta il web. Non amo l'ipocrisia, ammetto che anch'io sono stato felice e ho commentato la notizia della sua morte con un "giustizia sia fatta" ma poi suffermandomi mi sono reso conto che quello che avevo detto non era giusto. No, non a livello morale, Don Luigi Verze è morto e, dopo tutte le truffe che ha fatto alle spalle della povera gente e coprendosi dietro la tunica di un prete, non si può aver pietà di lui, o per lo meno io non ne ho.
Il problema che assillava la mia testa era diverso, quello della possibile caduta del processo a suo carico, che vede coinvolto non solo l'ormai defunto imprenditore ma anche molte altre decine di persone. Pierino Zammarchi, costruttore dell'edificio del San Raffaele, ha confessato ieri di "aver pagato tutti". Questa confessione, non spontanea, chiama in ballo anche un altro grande imprenditore della Lombardia nonché possibile acquirente dell'ospedale rimasto orfano del suo fondatore: Rotelli.
Ma facciamo un passo indietro, possibile che la struttura, che è in piedi dal lontano 1969, assieme al suo fondatore siano stati così ben nascosti per tutti questi anni? Capisco che sia facile nascondere un aereo privato (per quanto possa essere relativamente facile) ma la cupola costata milioni su cui sommità verrà posta, nel 2008, una statua raffigurante l'Arcangelo Raffaele, simbolo dell'istituto, forse dovrebbe far dubitare. Ma va bene, diamo per scontato che i presidenti della regione e tutti gli addetti incaricati dei controlli non ne sappiano nulle, andiamo ad effettuare una piccola cronologia del San Raffaele.
Una "modesta" struttura ospedaliera
la costruzione fu idealizzata circa mezzo secolo fa, per la precisione nel 1950, dall'allora arcivescovo di Milano Alfredo Shudester che incaricò il nostro ben noto Verzé di costruire un ospedale cristiano. Il progetto prende forma sul finire del 1969 e, nel giro di due anni, si avrà una struttura che non ha nulla a che vedere con quello che oggi è il San Raffaele. Infatti, già dal '73 si inizia a puntare sulla ricerca (il che non è male) cominciando i lavori di ampliamento dell'istituto, con l'aggiunta di laboratori che portò, nel 1980, al mutamento in Polo Universitario di Medicina e Chirurgia. Nel 1976, a meno di 5 anni dall'apertura, la struttura sanitaria si trova già a fare i conti con la giustizia. Don Verzè fu condannato ad una pena di un anno e 4 mesi per un tentativo di corruzione per la concessione di un contributo di due miliardi di lire da parte della regione. In questi anni i radicali denunciano in Parlamento la "gestione mafiosa del San Raffaele".
Negli anni ottanta continua in modo inarrestabile l'espansione dell'istituto con la costruzione del Dipartimento di Medicina Riabilitativa (DiMeR), il Dipartimento di Scienze Neuropsichiatriche, il centro pes assistenza ai malati di AIDS. A seguire, negli anni novanta, il Dipartimento di Biotecnologie (DiBit) e l'istituzione dell'università San Raffaele.  
A inizio del nuovo millennio il sacerdote, sostenendo pressioni dal mondo politico, fu "costretto" a vendere la succursale romana. Nel 2003 viene inaugurata una nuova area il cui fine è solo commerciale, viene chiamata Galleria delle botteghe e non è altro che una galleria commerciale all'interno di un'ospedale, primo caso in Italia. L'anno successivo partono i lavori per raddoppiare (si raddoppiare) l'ormai mastodontica struttura. Nel 2006 viene completata l'area denominata DiBit 2 (l'area su cui sorgerà la famosa cupola).
La cupola del S. Raffaele
Insomma quella del San Raffaele, da un umile ospedale cristiano, è diventata una mastodontica struttura sanitaria con università, istituti di ricerca e galleria commerciale. Ma a voi non vi viene il dubbia da dove arrivino tutti questi soldi? Qualche dubbio forse (forse eh) potrebbe sorgervi. Ora purtroppo Don Luigi Verzé è morto, su di lui credo non penderà nessun'altra condanna e corriamo il rischio che qualcuno, come Albano, possa dedicarli qualche altra canzone o renderlo un martire. Ah si, lo preferivo decisamente vivo, con un bel mandato a suo carico e due manette ai polsi.