martedì 3 gennaio 2012

Io lo preferivo vivo

Ieri c'è stato l'addio al vecchio proprietario del San Raffaele Don Luigi Verzé. Alla sua morte, avvenuta il 31 dicembre, molti sono stati felici, soprattutto tra il popolo che frequenta il web. Non amo l'ipocrisia, ammetto che anch'io sono stato felice e ho commentato la notizia della sua morte con un "giustizia sia fatta" ma poi suffermandomi mi sono reso conto che quello che avevo detto non era giusto. No, non a livello morale, Don Luigi Verze è morto e, dopo tutte le truffe che ha fatto alle spalle della povera gente e coprendosi dietro la tunica di un prete, non si può aver pietà di lui, o per lo meno io non ne ho.
Il problema che assillava la mia testa era diverso, quello della possibile caduta del processo a suo carico, che vede coinvolto non solo l'ormai defunto imprenditore ma anche molte altre decine di persone. Pierino Zammarchi, costruttore dell'edificio del San Raffaele, ha confessato ieri di "aver pagato tutti". Questa confessione, non spontanea, chiama in ballo anche un altro grande imprenditore della Lombardia nonché possibile acquirente dell'ospedale rimasto orfano del suo fondatore: Rotelli.
Ma facciamo un passo indietro, possibile che la struttura, che è in piedi dal lontano 1969, assieme al suo fondatore siano stati così ben nascosti per tutti questi anni? Capisco che sia facile nascondere un aereo privato (per quanto possa essere relativamente facile) ma la cupola costata milioni su cui sommità verrà posta, nel 2008, una statua raffigurante l'Arcangelo Raffaele, simbolo dell'istituto, forse dovrebbe far dubitare. Ma va bene, diamo per scontato che i presidenti della regione e tutti gli addetti incaricati dei controlli non ne sappiano nulle, andiamo ad effettuare una piccola cronologia del San Raffaele.
Una "modesta" struttura ospedaliera
la costruzione fu idealizzata circa mezzo secolo fa, per la precisione nel 1950, dall'allora arcivescovo di Milano Alfredo Shudester che incaricò il nostro ben noto Verzé di costruire un ospedale cristiano. Il progetto prende forma sul finire del 1969 e, nel giro di due anni, si avrà una struttura che non ha nulla a che vedere con quello che oggi è il San Raffaele. Infatti, già dal '73 si inizia a puntare sulla ricerca (il che non è male) cominciando i lavori di ampliamento dell'istituto, con l'aggiunta di laboratori che portò, nel 1980, al mutamento in Polo Universitario di Medicina e Chirurgia. Nel 1976, a meno di 5 anni dall'apertura, la struttura sanitaria si trova già a fare i conti con la giustizia. Don Verzè fu condannato ad una pena di un anno e 4 mesi per un tentativo di corruzione per la concessione di un contributo di due miliardi di lire da parte della regione. In questi anni i radicali denunciano in Parlamento la "gestione mafiosa del San Raffaele".
Negli anni ottanta continua in modo inarrestabile l'espansione dell'istituto con la costruzione del Dipartimento di Medicina Riabilitativa (DiMeR), il Dipartimento di Scienze Neuropsichiatriche, il centro pes assistenza ai malati di AIDS. A seguire, negli anni novanta, il Dipartimento di Biotecnologie (DiBit) e l'istituzione dell'università San Raffaele.  
A inizio del nuovo millennio il sacerdote, sostenendo pressioni dal mondo politico, fu "costretto" a vendere la succursale romana. Nel 2003 viene inaugurata una nuova area il cui fine è solo commerciale, viene chiamata Galleria delle botteghe e non è altro che una galleria commerciale all'interno di un'ospedale, primo caso in Italia. L'anno successivo partono i lavori per raddoppiare (si raddoppiare) l'ormai mastodontica struttura. Nel 2006 viene completata l'area denominata DiBit 2 (l'area su cui sorgerà la famosa cupola).
La cupola del S. Raffaele
Insomma quella del San Raffaele, da un umile ospedale cristiano, è diventata una mastodontica struttura sanitaria con università, istituti di ricerca e galleria commerciale. Ma a voi non vi viene il dubbia da dove arrivino tutti questi soldi? Qualche dubbio forse (forse eh) potrebbe sorgervi. Ora purtroppo Don Luigi Verzé è morto, su di lui credo non penderà nessun'altra condanna e corriamo il rischio che qualcuno, come Albano, possa dedicarli qualche altra canzone o renderlo un martire. Ah si, lo preferivo decisamente vivo, con un bel mandato a suo carico e due manette ai polsi.



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