martedì 10 gennaio 2012

Italia si Italia no

Beh, ce l'era da aspettarselo, Marchionne ha finalmente reso pubblica la sua intenzione di lasciare il pese assieme al gruppo Fiat. Non è una cosa che coglie di sorpresa ma è comunque una dichiarazione molto forte per il nostro paese. Il decentramento della Nostra industria automobilistica potrebbe avvenire nel 2014 con una fusione del gruppo fondato dalla famiglia Agnelli con il colosso americano Chrysler, con sede contesa (e su questo tornerò a breve) tra Torino e Auburn Hills in Michigan. Questa affermazione è stata resa solamente quando Marchionne, attraverso il gruppo che dirige, ha potuto acquistare il 58% delle azioni del marchio statunitense, garantendosi una maggioranza azionistica incontrastata.
Una scalata molto interessante se si pensa che il tutto è avvenuto in meno di due anni. Nel gennaio 2009, infatti, il gruppo Fiat rese pubblica la notizia di un protocollo di intesa tra le due case automobilistiche. Questo protocollo ha fruttato al gruppo Fiat il 20% delle azioni di Chrysler Group, inoltre essa si impegnava a risanare Chrysler e a fornire nuove tecnologie proveniente del gruppo italiano. Questo accordo sanciva anche un vincolo nella quale la Fiat non poteva superare il 35% delle azioni sino a quando il gruppo torinese non avesse risarcito il governo americano del prestito di cui aveva usufruito per risanare la compagnia.
Già un anno dopo l'accordo, nel gennaio 2011, Fiat comincia la sua scalata al colosso americano, portando a casa il 25%, che salirà di altre 5% già nell'aprile per passare poi al 46% nel mese successivo. Nel luglio la svolta, Fiat acquisisce il 53,5% delle azioni, ottenendo la maggioranza e nel gennaio del 2012 si giunge all'attuale percentuale di 58,5%. A questo punto Marchionne gioca il suo asso nella manica. Nel nostro paese la Fiat, sotto la dirigenza Marchionne, ha  usufruito degli incentivi statali e ha cercato di imporre la sua politica di mercato. Il modello Pomigliano, attuato attraverso un Diktat, in cui gli operai sono stati chiamati ad un finto plebiscito per scegliere di piegarsi alle condizioni di lavoro o perderlo, non si è potuto attuare a Termini Imerese con la conseguente chiusura dello stabilimento. Tutto questo suscitando non poche polemiche e provocando l'ira dei sindacati. Sono stati proprio quest'ultimi, a mio parere, a creare in Marchionne la volontà di lasciare l'Italia, dove i lavoratori sono più tutelati e protetti, ed optare per l'America, dove chi perde il lavoro non ha scelta che cercarne un altro o restare disoccupato.
mors tua vita mea dice il caro Obama
L'economia e il lavoro italiano a questo punto, per salvaguardare migliaia di posti di lavoro deve prendere una ferrea decisione ed impedire alla Fiat di lasciare il paese. Le condizioni sono due, una opposta all'altra:
Nella prima l'Italia deve creare condizioni talmente sfavorevoli alla Fiat, come minacciarla di restituire tutti i soldi presi dagli incentivi dall'inizio del '900 a oggi e creando dei dazi doganali talmente alti che una Panda verrebbe a costare quanto una Lamborghini. Tale accordo, magari proponendo una certa autorità e proponendo i vantaggi agli altri stati verso le proprie aziende, potrebbe essere promulgato verso tutta l'Europa. A questo punto la grande fetta di mercato andrebbe via. Sono ipotesi ovviamente ma un metodo sconveniente si potrebbe trovare per indurre la produzione a non lasciare il paese.
La seconda alternativa viene lanciata dallo stesso Marchionne, quando alla domanda alla quale si chiede dove sarà accentrata la sede principale del nuovo colosso italo-americano egli risponde con un semplice "Al momento non si sa" e poi aggiunge "in questo momento non ci sono le condizioni per rispondere". Queste affermazioni sono rivolte, subbliminarmente al governo italiano e ai sindacati, i quali dovranno scegliere se creare una posizione di comodo alla Fiat o lasciarla andare, insomma, vuole essere coccolato, ammagliato e aspetta di vedere il miglior offerente.

Forse può interessarti anche:

Autosabotarsi

Cara Emma ti scrivo

Nessun commento:

Posta un commento